FIGHT LIKE A VIKING!
Raggiungere il Valhalla era, nella mitologia norrena, il fato di ogni vichingo. Morire in battaglia in modo onorevole era considerato infatti il mezzo per giungere al cospetto di Odino ed accrescere i ranghi del suo enorme esercito composto da fieri e formidabili guerrieri che, tra banchetti di carne e fiumi di idromele, non smettevano un solo istante di combattere per migliorare le proprie abilità in attesa della guerra con i Giganti che avrebbe portato al Ragnarok, la fine ineluttabile di ogni cosa. Sviluppato da Ubisoft Montreal (lo stesso team di AC Origins), Assassin’s Creed: Valhalla ci permette, come da tradizione, di vivere una vera e propria saga vichinga e il risultato è un prodotto solido, convincente e in linea con i due capitoli precedenti, ma al tempo stesso ne eredita le incertezze riuscendo a limare le spigolosità di questo nuovo corso del franchise soltanto in parte.
La protagonista è sempre Layla Hassan che, dopo gli eventi accaduti nel DLC di Assassin’s Creed: Odyssey “Il Destino di Atlantide”, viaggia nel New England (in Nord America) per esaminare un’antica tomba vichinga; per fare ciò, come di consueto, utilizza l’Animus ed è qui che ci viene palesata la prima novità del gioco. A causa di una misteriosa anomalia, l’Animus capta due flussi di DNA distinti e potremo quindi scegliere il sesso di Eivor, il nostro alter ego che interpreteremo nel passato; a differenza di AC Odyssey dove Kassandra ed Alexios erano entrambi presenti all’interno della trama, in AC Valhalla Eivor è un unico personaggio e ambedue le scelte sono considerate canoniche e a livello narrativo non sono rilevanti. C’è però una terza possibilità, quella impostata di default, che permette all’Animus di switchare il sesso di Eivor in alcuni punti specifici della narrazione; in ogni caso, potremo cambiare il genere della nostra protagonista in qualsiasi momento.
Valhalla inizia, insospettabilmente, lento per gli standard di Assassin’s Creed. Di solito siamo infatti abituati a prologhi tutto sommato veloci composti da una manciata di missioni per poi gettarci immediatamente nell’azione. In questo nuovo capitolo della saga, invece, Ubisoft ci da tutto il tempo che serve per approfondire, quel tanto che basta, i personaggi e le loro motivazioni. Eivor (a cui, d’ora in poi, ci riferiremo come una lei) è una guerriera formidabile che è stata temprata fin da bambina: a seguito di un attacco da parte di un clan rivale i suoi genitori vengono uccisi sotto i suoi occhi e, nella fuga, viene morsa da un lupo, riuscendo per miracolo a sopravvivere, ma conservando una vistosa cicatrice sul collo. Proprio per questo verrà soprannominata “Morso di Lupo” del Clan del Corvo, un nome che sarà conosciuto e temuto in tutto il Nord.
Siamo nel IX secolo d.C. e re Harald si accinge a stipulare patti di alleanza tra le varie tribù in modo tale da unificare la Norvegia sotto un unico e potente regno. Contrari alla pace e desiderosi di conquista a colpi di ascia e fiumi di sangue, Eivor e suo fratello adottivo Sigurd, figlio di re Styrbjorn di Fornburg, decidono quindi di seguire le orme del leggendario Ragnar Lothbrok e di attraversare il Mare del Nord per sbarcare sulle coste inglesi in cerca di nuove sfide. Qui troveranno una terra composta da svariati domini, uno per ogni regione, e toccherà a loro spodestare con la forza e le alleanze i vari regnanti, tutto questo mentre i veri burattinai – gli Occulti (i proto-Assassini) e l’Ordine degli Antichi – agiscono nell’ombra tessendo le fila di questi giochi di potere. La trama di Assassin’s Creed: Valhalla si compone dunque di diverse sotto-trame, una per ogni regno, e la narrazione – seppur abbastanza cadenzata – risulta essere convincente, ben raccontata e longeva; certo, siamo lontani da AC Origins che nella sua vastità andava comunque dritta al punto, ma è anche vero che è un deciso passo in avanti rispetto ad AC Odyssey la cui storyline risultava per la maggior parte priva di mordente e parecchio diluita.
Ubisoft, come sempre, pone molta attenzione al mondo di gioco e l’Inghilterra di Assassin’s Creed: Valhalla è una gioia per gli occhi. Attraversare le lande inglesi a piedi, a cavallo, oppure solcare i corsi d’acqua con la nostra nave lunga (l’imbarcazione non consente di effettuare battaglie navali come nel capitolo precedente) ci permette di ammirare scorci mozzafiato. Si tratta di una bellezza differente rispetto alla maestosità dell’antica Grecia dove templi imponenti e abitazioni sfarzose lasciano spazio a casupole, castelli e monasteri sparsi qua e là in questo territorio brullo caratterizzato da un’atmosfera crepuscolare, quasi malinconica, e cristallizzato in un autunno perenne dove le foglie rossastre degli alberi sembrano simboleggiare il sangue versato dei nostri nemici. Degna di nota anche la componente audio, forse la migliore di tutta la saga di Assassin’s Creed in cui canti norreni e suoni di corni di guerra sono un tutt’uno con l’avventura di Eivor aumentando così la nostra immedesimazione.
Ubisoft ci aveva promesso che, giocandoci, ci saremmo sentiti dei veri vichinghi e così è stato. Assassin’s Creed: Valhalla è infatti il capitolo più cruento e con il linguaggio più sporco di tutta la saga, in cui non mancano decapitazioni e fiotti di sangue. Tutto questo è stato reso possibile anche grazie ad un combat system appagante che ricalca quello dei due capitoli precedenti, ma in cui fa capolino una barra della stamina che dovremo imparare a gestire dosando gli attacchi all’arma bianca e le schivate ed un nuovo sistema di cura della salute basato sulle razioni di cibo. Rispetto ad AC Origins e, soprattutto, AC Odyssey il tutto è stato snellito: armi di tipologia e animazioni differenti (molto interessante l’aggiunta del dual wielding) e armature saranno poche e dovranno essere trovate nelle cripte sparse nella mappa e potenziate; non vedremo più dunque vedere il nostro inventario riempirsi di una valanga di equipaggiamenti utili solamente come materiale per il crafting una volta smantellati. Anche le abilità attive dovranno essere trovate e, seppur molto forti, non raggiungono la potenza di quelle di cui poteva far sfoggio Kassandra. Con l’esperienza ottenuta durante le missioni e i combattimenti, invece, otterremo dei punti che potremo spendere per potenziare Eivor con abilità passive e potremo dunque forgiare la nostra guerriera in base al nostro stile di gioco preferito dando più o meno importanza a vari parametri quali attacco corpo a corpo, a distanza ed elusione. Purtroppo però dobbiamo segnalare che le hit box non sempre sono precise e, se da un lato è possibile in parte aggirare il problema con i nemici umani effettuando il lock-on, distruggere gli oggetti risulta a volte più problematico; anche l’intelligenza artificiale, come nei capitoli precedenti, è tarata verso il basso rendendo di fatto ininfluente la componente stealth. A questo si aggiungono alcuni bug e cali di frame rate nelle situazioni più concitate che ci auguriamo vengano corretti in futuri aggiornamenti.
Rispetto ad Odyssey, la componente ruolistica è stata migliorata con dialoghi a scelta multipla che, effettivamente, garantiscono una manciata di conseguenze rilevanti ed è stato smussato anche il sistema di progressione: se nel capitolo precedente capitava di doversi fermare tra una missione e l’altra a causa della potenza dei nostri avversari con appena una manciata di livelli superiori al nostro, in Valhalla la cosa è stata in parte ridimensionata. Le regioni dell’Inghilterra sono state suddivise in vari livelli di potenza che procedono di pari passo con la progressione di Eivor per la prima metà dell’avventura; da un certo punto in poi sarà necessario farmare, ma lo si farà con più naturalezza anche grazie all’aiuto del nostro corvo Synin che, rispetto ai capitoli precedenti, non evidenzierà più l’obiettivo ma un’intera zona. Come già accennato, esplorare la mappa ci consentirà di trovare armi, armature ed abilità, ma anche rune e materiali utili per il crafting e per il potenziamento del nostro villaggio con una semplice ma efficace meccanica gestionale. Capiterà inoltre di imbatterci in glitch dell’Animus da risolvere nei panni di Lyla con brevi fasi puzzle, cacce ad animali leggendari e world event, delle brevissime missioni secondarie della durata di un paio di minuti l’una che contribuiscono a dare colore al mondo di gioco. Non mancano poi le razzie ai vari accampamenti e abbazie, ma che però risultano essere a lungo andare ripetitive e utili solamente ad accumulare risorse.
Se vi sono piaciuti i due capitoli precedenti, allora con l’ultima fatica di Ubisoft vi sentirete a casa. Assassin’s Creed: Valhalla è il capitolo più crudo dell’intero franchise e ci permette di immergerci pienamente nella cultura norrena con una storia ben scritta, un sistema di combattimento efficace ed una Inghilterra del IX secolo enorme con una direzione artistica incredibile. Nonostante qualche problema tecnico e il fattore ripetitività che, alla lunga, si percepisce, Assassin’s Creed: Valhalla va a smussare alcune delle criticità di Odyssey rendendo la progressione e l’esplorazione più piacevoli e utili per potenziare il nostro personaggio. Anche la storia del presente – troppo poca e dilazionata per tutta la narrazione – resta in linea con le ultime produzioni, ma alcuni indizi ci lasciano intuire che potrebbe tornare ad avere più importanza nel prossimo capitolo, un gioco (ci auspichiamo) pensato fin dall’inizio per le console di nuova generazione per permettere ad Ubisoft di perfezionare maggiormente la formula di gioco ed andare a risolverne definitivamente le problematiche.
Il Buono
- Inghilterra del IX secolo meravigliosa
- Sistema di combattimento efficace…
- Buon sistema di progressione…
- Trama interessante
Il Cattivo
- Intelligenza artificiale nemica superficiale
- …ma le hit box non sono sempre precise
- …ma alla lunga subentra il fattore ripetitività