Dark Souls II: Scholar Of The First Sin

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[RECENSIONE] Dark Souls 2: Scholar of the First Sin

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“Perhaps you’ve seen it, maybe in a dream…”

E’ difficile dimenticare quel trailer che Bandai Namco ci mostrò durante l’edizione del 2012 dei Videogame Awards; un breve filmato in computer grafica pregno di epicità che ebbe un solo unico scopo: annunciare al mondo che, da lì a qualche anno, sarebbe stato rilasciato il seguito diretto del capolavoro targato From Software uscito l’anno precedente. Stiamo parlando di Dark Souls 2.

L’hype degli appassionati, desiderosi di mettere le proprie mani sul titolo, schizzò quindi alle stelle, aspettativa che – personalmente – crebbe a dismisura quando lo scorso anno fui invitato da Bandai Namco all’evento pre-release del gioco; l’atmosfera a tema medioevale, la presentazione dell’opera da parte di uno dei producer ma, soprattutto, la possibilità di provare in anteprima Dark Souls 2, fecero sì che il titolo di From Software divenne per me uno dei più attesi di sempre.

Arriviamo quindi a marzo 2014. Dark Souls 2 esce nei negozi e mi precipito ad acquistarlo; il gioco è ottimo e morte dopo morte… dopo morte, arrivo ai titoli di coda. L’esperienza nel complesso è risultata, senza ombra di dubbio, superiore alla media, eppure… eppure mi sono reso conto che il nuovo gioco di From Software ha qualcosa che non va, qualcosa che gli impedisce di raggiungere e superare il primo Dark Souls. Eccomi quindi qui, un anno dopo, ad analizzare l’opera a mente lucida grazie all’arrivo sul mercato di Scholar of the First Sin, la versione definitiva comprensiva di DLC e miglioramenti vari di Dark Souls 2. Ma andiamo con ordine.

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“Bearer of the curse, seek souls. Larger, more powerful souls. Seek the King, that is the only way.”

“Forse lo hai già visto, magari in un sogno…”. Sono queste le primissime parole che, riferendosi ad un regno buio e dimenticato (Drangleic, la location del gioco), ci vengono dette da un’anziana Guardiana del Fuoco nell’intro di Dark Souls 2, filmato, come da tradizione, non solo visivamente d’impatto, ma utile per iniziare a comprendere ed immergerci nella trama (o meglio, nel lore o narrazione ambientale) dell’opera. Scelta la classe iniziale e superato il brevissimo tutorial, ci ritroviamo a Majula, una delle ambientazioni più iconiche di tutto il gioco; costruito a strapiombo sul mare in un eterno tramonto e in cui riecheggia una melodia dolce e rilassante, Majula è un piccolissimo villaggio abbandonato e funge da hub centrale. Sarà qui che si riuniranno i vari NPC (personaggi non giocanti) che incontreremo durante la nostra avventura e, tra questi, troviamo anche l’Araldo dello Smeraldo, una donna il cui unico scopo è quello – oltre a darci la possibilità di salire di livello in cambio di anime, la moneta del gioco – di guidarci al cospetto di Re Vendrick, il sovrano di Drangleic.

E a proposito di anime, non crediate di poter farmarle come in Dark Souls 1 (non che ce ne fosse bisogno…), in quanto nel sequel i nemici hanno un respawn limitato; in breve, se si uccide lo stesso nemico dodici volte, questo non tornerà in vita a meno che non si utilizzi un determinato (e raro) oggetto – il Falò Ascetico – che permette di resettare completamente l’area del falò in cui viene bruciato, ma ne aumenta il livello di difficoltà (se si è in modalità New Game, dopo aver utilizzato il Falò Ascetico quella zona sarà in NG+, se si è in NG+ diventerà NG++, e così via). Sempre restando in tema “falò”, è da segnalare che ce ne sono molti di più rispetto al primo Dark Souls e la distanza tra l’uno e l’altro è molto ridotta; ciò ha contribuito a rendere il gioco molto più accessibile, anche per venire in contro a quelle persone che ritengono la serie “Souls” frustrante, in quanto ad ogni morte è necessario ripercorrere tutta la strada fatta senza aver a disposizione le anime accumulate (per riacquisirle dopo la nostra morte occorrerà interagire con la pozza di sangue del nostro cadavere). Inoltre, a differenza del primo capitolo della saga, sarà possibile fin da subito teletrasportarsi agli altri falò già accesi; si tratta di una modalità di gameplay voluta, in quanto, come già detto in precedenza, occorre necessariamente recarsi a Majula per salire di livello e interagire con fabbro e mercanti, ma anche perché Dark Souls 2 ha una struttura “a stella” con un hub che è posto al centro e dal quale si ramificano le varie aree.

I dungeon, seppur alla vista sono molto evocativi, risultano essere nel complesso “peggiori” rispetto a quelli del primo Dark Souls; avendo una struttura differente, manca infatti quel senso di mondo interconnesso a cui ci eravamo abituati e, di conseguenza, ne risente anche il level design che è molto più lineare. Degno di nota anche il discorso “boss”. Rispetto al passato ce ne sono molti di più, ma la maggior parte risulta essere poco ispirata, con un moveset poco originale e facilmente battibili utilizzando la strategia “li targhetto, giro loro intorno e li colpisco fino a quando non muoiono”. Un vero peccato perché, a differenza del gioco vanilla, nella trilogia di DLC dedicata alle Corone Perdute, le boss fight sono state realizzate divinamente (la mia preferita – senza fare spoiler – è quella principale del DLC “Crown of the Old Iron King”, ma anche quelle di “Crown of the Ivory King” risultano ugualmente piacevoli da affrontare). Anche le armi sono differenti rispetto a Dark Souls 1; come sempre, sono presenti in quantità smodata, ma quello che ha lasciato delusi i fan è il loro moveset. E’ vero, ora sono molto simili a quelli reali, ma è anche vero che attribuire un moveset specifico per ogni tipologia di arma (spade, spadoni, katane, asce, ecc) ha tolto al giocatore la possibilità di ricerca dell’arma realizzata su misura per lui e per il suo stile di gioco; in Dark Souls 2 infatti essendo le lame di ogni tipologia di arma tutte molto simili tra di loro, generalmente si tende a scegliere quella che effettua un danno maggiore. Non manca inoltre la possibilità di potenziare il nostro equipaggiamento fino ad un massimo di +10 o +5 in alcuni casi. Lo stesso discorso può essere fatto anche per le armature: ce ne sono veramente tantissime ma, a differenza del New Game che è molto equilibrato, in NG+ e modalità seguenti sembra che non funzionino a dovere; anche se avrete l’armatura più potente e le difese più alte, i danni che riceverete saranno altissimi (è vero, il New Game+ di ogni Souls è volutamente reso più difficile rispetto al New Game, ma in Dark Souls 2 sembra essere un po’ troppo sbilanciato). Sono presenti, come sempre, anche gli anelli con cui potremo personalizzare in modo più efficiente il nostro personaggio grazie all’aggiunta di due nuovi slot (quattro in totale) a loro dedicati.

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“With fire, they say, a true king can harness the curse. A lie. But I knew no better…”

Dopo aver analizzato il gioco vanilla per venire incontro ai neofiti della serie Souls e a chi non ha ancora acquistato il titolo, parlerò ora di Dark Souls 2: Scholar of the First Sin che altro non è che una GOTY (Game of The Year) per le versioni PS3, Xbox 360 e PC (DirectX 9), o una versione remastered per le controparti PS4, Xbox One e PC (DirectX 11); infatti, mentre i primi avranno gli stessi benefici offerti dalla patch 1.10 disponibile per tutti gratuitamente (nuovo NPC, nuove descrizioni degli oggetti e online migliorato) con in più i tre DLC, solamente gli ultimi potranno usufruire delle vere novità del titolo (grafica migliorata e nuova disposizione di alcuni nemici). E sarò schietto con la mia prossima frase: Dark Souls 2 SotFS “next gen” è quello che sarebbe dovuto essere Dark Souls 2 fin dall’inizio.

Qualcuno infatti si ricorderà che, prima della release di Dark Souls 2, From Software annunciò che il lighting system originariamente ideato per il gioco sarebbe stato rimosso nella versione definitiva, in quanto le console old gen già spremute fino all’ultima goccia non sarebbero state in grado di gestirlo. Ebbene, in Scholar of the First Sin abbiamo un sistema d’illuminazione decisamente migliorato in grado di dare un senso ad una meccanica originale ed interessante presente anche nella versione standard, ma inutile per quanto detto poco fa: la torcia. Ora avremo la possibilità di utilizzarla per illuminare i nostri passi durante l’esplorazione dei dungeon più oscuri di Drangleic, ma tutto ciò avrà un prezzo; la torcia sarà equipaggiabile nella mano sinistra e, perciò, dovremo rinunciare allo scudo o all’arma secondaria, rimanendo quindi meno protetti dagli attacchi nemici. Anche la grafica è stata migliorata: i 1080p nativi, una pulizia generale delle texture e i nuovi dettagli grafici fanno il loro sporco lavoro, anche se si riesce a percepire chiaramente che si tratta di una rimasterizzazione di un titolo old gen. Assolutamente degno di nota anche il frame rate che, ora anche su console, è di 60 fotogrammi al secondo abbastanza stabili in quasi ogni situazione ed in grado di garantire un gameplay più fluido rispetto alla versione dello scorso anno.

Scholar of the First Sin è però anche lore. From Software ha infatti aggiunto lo Studioso del Peccato Originale (l’epiteto è accompagnato da un nome proprio che non segnalo per evitare spoiler) che incontreremo durante il nostro viaggio a Drangleic. Sarà suo, insieme ad alcune nuove descrizioni di alcuni oggetti, il compito di renderci più chiare le vicende del gioco ma, purtroppo, questo non è bastato per accontentare i fan più accaniti come il sottoscritto. Uno dei difetti più grandi di Dark Souls 2 secondo la community mondiale è quello di avere un lore molto lacunoso che lascia fin troppo spazio alla speculazione (è vero che è un tratto distintivo della serie Souls, ma qui si esagera) e che in alcuni casi mette in discussione quella del primo capitolo (i due sono legati ma, come prima, non fornisco dettagli per evitare spoiler). Secondo molti questo è dovuto dal fatto che, dopo la release di Dark Souls: Prepare to Die Edition, la software house si sia divisa in due team: uno più piccolo si è occupato di Dark Souls 2, mentre il secondo più grande e guidato da Hidetaka Miyazaki ha lavorato a Bloodborne; è proprio l’assenza (è stato solo supervisore) di quella mente “folle” e geniale del presidente di From Software Miyazaki-san come Director e Producer che potrebbe aver influito sulla qualità generale che risulta essere inferiore rispetto al primo Dark Souls (anche se, onestamente, la tematica principale di Dark Souls 2 l’ho preferita rispetto a quella del suo predecessore, ma questi sono gusti personali). Sono però presenti anche piccolissimi dettagli (i già menzionati Falò Ascetici, la possibilità di ridistribuire i punti esperienza utilizzando un oggetto raro o una più efficiente arceria, per esempio) che rendono una parte del gameplay di Dark Souls 2 migliore rispetto a quello del primo capitolo.

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“Young Hollow, there are but two paths. Inherit the order of this world, or destroy it. But only a true monarch can make such a choice.”

Come già accennato in precedenza, in Scholar of the First Sin è presente anche la trilogia di DLC dedicati alle Corone Perdute (Crown of the Sunken King, Crown of the Old Iron King e Crown of the Ivory King). Si tratta di tre espansioni di una longevità più che buona che, a mio parere, risultano essere complessivamente meglio riusciti e leggermente più complessi rispetto al gioco vanilla. Oltre ad avere boss più curati, hanno delle ambientazioni che lasciano senza fiato e sarà qui che potremo ottenere armi, armature, anelli ed oggetti davvero interessanti.

Oltre ad inserire i contenuti aggiuntivi e migliorare il comparto tecnico, in questa nuova versione di Dark Souls 2 i ragazzi di From Software hanno voluto fare di più. Durante questo secondo nuovo viaggio a Drangleic noteremo che in alcuni dungeon saranno presenti più nemici del solito, mentre altri saranno in una posizione differente (la stessa cosa vale per alcuni oggetti); questa leggera modifica al level design resa possibile grazie alla potenza delle nuove console, stando a quanto dichiarato dagli sviluppatori, è stata effettuata per apportare qualche cambiamento al gioco in modo tale da non risultare identico per chi lo ha affrontato l’anno precedente. Degna di nota è anche la componente online che, oltre ad avere un matchmaking migliorato, può ora supportare partite a sei giocatori invece che quattro; è stato inoltre aggiunto un red phantom (Forlon) che, quando saremo in forma umana, ci invaderà spesso durante il proseguimento del gioco con l’unico scopo di ucciderci e una nuova boss fight che darà accesso ad un nuovo finale (ora come nel primo Dark Souls ci sarà la possibilità di scelta). Per concludere, un plauso al doppiaggio in lingua inglese e alla colonna sonora che, come in ogni Souls, risultano essere di ottima fattura (la soundtrack della nuova boss battle rimane, a mio parere, una delle migliori di tutto il gioco).

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“Anything that has a beginning also has an end… It is all a curse!”

Scholar of the First Sin grazie soprattutto al suo comparto tecnico migliorato e ai DLC inclusi è la versione migliore di Dark Souls 2 presente sul mercato. Seppur per gli appassionati attenti al lore (che sono una percentuale minuscola rispetto a tutti i giocatori della serie) questo secondo capitolo può risultare inferiore rispetto al primo episodio, Dark Souls 2 Scholar of the First Sin fa del gameplay il suo punto di forza ed essendo più accessibile è il capitolo della serie consigliato per tutti coloro che non hanno voluto avvicinarsi ai Souls fino ad ora.

Il paragone con il primo Dark Souls è però inevitabile in quanto entrambi condividono lo stesso titolo ed è forse questo il difetto maggiore di Dark Souls 2, ovvero quello di chiamarsi “Dark Souls 2”. Seppur apportando piccoli (ma significativi) miglioramenti, l’eredità lasciata dal primo capitolo risulta essere elevatissima e Dark Souls 2 (rimanendo un gioco complessivamente superiore alla media) non riesce pienamente a raccoglierla, complice anche il fatto che Hidetaka Miyazaki non ha preso parte direttamente allo sviluppo. Parafrasando la frase della Guardiana del Fuoco: “Forse lo hai già visto, magari in un sogno…”, ed è proprio nei nostri sogni che risiede il vero Dark Souls 2, quello che, con un pizzico di cura in più, sarebbe potuto essere il sequel perfetto del capolavoro targato From Software.

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Il Buono

  • La migliore versione di Dark Souls 2
  • 60 frame per secondo, anche su console next gen
  • DLC inclusi
  • Buon miglioramento grafico
  • Accessibile anche per chi non ha mai giocato ad un Souls

Il Cattivo

  • Complessivamente inferiore rispetto al primo Dark Souls
  • Lore (per i pochi a cui interessa) non molto curato
  • Alcuni NPC interessanti sulla carta, ma poco all’atto pratico
  • Si chiama "Dark Souls 2"
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Scritto da: Andrea "lordfener91" Dugoni

Laureato in Economia Europea, scrive News e Recensioni per passione e videogioca nei pochi momenti liberi. E’ un grandissimo amante del franchise di Star Wars (soprattutto di tutto ciò che riguarda l'Universo Espanso, Canon o Legends che sia) e si chiede se un giorno riuscirà mai a finire di leggere tutti gli innumerevoli romanzi e fumetti ambientati "tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana" usciti dagli anni ’70 ad oggi. Stalkeratelo sull'Internet: @lordfener91

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