Io non so esattamente cosa passi nella testa di Miyazaki. L’ormai leggendario game designer giapponese, con la sua carriera incredibile che lo ha visto nel giro di una decade andare da perfetto sconosciuto a, volendo, cult leader. Stesso discorso per From Software, una volta famosa per i suoi combattimenti tra mech con Armored Core e ora, e probabilmente per sempre, impressa nella storia per i suoi action RPG. Dopo aver creato e pubblicato Demon’s Souls, Dark Souls, BloodBorne e Sekiro, le aspettative non potevano che essere alle stelle. E dove si va, quando potresti aver già toccato il punto più alto del genere nel quale ti stai muovendo? “Più grande, più vasto. Dark Souls, ma open world”. Due parole che fanno gelare il sangue nelle vene a tutti i giocatori single player stanchi di quest log infiniti e centinaia di icone su una mappa. Ma è bene ricordare che è di Miyazaki che parliamo.
Finito il fantastico filmato iniziale, scelta la classe e creato il personaggio, la sensazione sarà subito di familiarità. La “pesantezza” dei controlli, il ritardo dei vostri attacchi, la possibilità di usare uno scudo per il parry e personaggi che continuano a parlarvi in un modo criptico e arcaico: Elden Ring ha Dark Souls in ogni unità del suo DNA. Non avrete anime da collezionare, ma rune, una valuta tuttofare che scenderà a zero morendo e che potrete recuperare ritornando dove l’avete persa senza morire. La presenza di un sistema di checkpoints (i falò, qui chiamate grazie perdute). Avrete una ampolla per ripristinare la salute e una per la magia, con la possibilità di scegliere come dividerle, proprio come in DS3. L’unica differenza visibile all’inizio sarà la possibilità di saltare, in una sorta di richiamo a Sekiro, come a voler dire “hey, il mondo è andato avanti negli ultimi 3 anni”.
La storia sarà criptica e raccontata in uno strano puzzle fatto di dialoghi, descrizioni e ambientazioni. Ignoratela pure, o raccogliete i pezzi e metteteli nell’ordine che ha più senso per voi. In fondo anche ciò è parte dell’esperienza. Degno di nota il fatto che George R.R. Martin, il creatore dei libri che hanno ispirato Game of Thrones/Il Trono di Spade, abbia partecipato alla creazione del mondo in cui avvengono gli eventi di Elden Ring, anche se è davvero difficile vederne la mano dopo le varie passate di Miyazaki e il team alla From Software.
Ma cosa rende questo gioco diverso da un ipotetico Dark Souls 4? L’Interregno. L’open world di Elden Ring è un ambiente enorme, pieno di sorprese, quelle belle, spesso nascoste dietro altre sorprese, quelle che vi uccideranno una volta nella migliore delle ipotesi e centinaia nella peggiore. Con una mappa senza centinaia di icone, senza torri da scalare, senza un quest log, Elden Ring ripagherà la vostra sete di esplorazione con una marea di cose da fare e tantissimo loot di svariato tipo. Questo senza diventare dispersivo, utilizzando uno stratagemma molto semplice per mostrarvi come proseguire per la quest principale: ogni grazia perduta vi indicherà in che direzione trovare la prossima. Poco dopo l’introduzione vi verrà data la possibilità di evocare un cavallo con il quale muovervi ed esplorare, ma potrete sempre tornare a ogni grazia perduta scovata precedentemente tramite viaggio veloce.
Se avete il timore di un mix di un Dark Souls e Skyrim, o peggio, di un qualunque titolo Ubisoft, tirate pure uno, due o cento sospiri di sollievo Elden Ring è Dark Souls incontra Breath of the Wild, ma con una UI ancora più ridotta e senza armi che si distruggono dopo pochi colpi.
La parte interessante è la quantità di contenuti opzionali, soprattutto i boss. Ed è proprio qui che l’estrema libertà di Elden Ring riluce: Siete amanti della sfida? La quantità qui è di gran lunga superiore a qualunque altro soulsborne visto prima. Dateci dentro! Preferite dedicarvi alla vostra missione principale? Saprete sempre dove andare. Problemi con uno specifico boss? Sentitevi liberi di girare per diventare più forti e trovare equipaggiamento o incantesimi. Avete raggiunto il limite delle vostre abilità? Usate un’evocazione o meglio, chiamate qualcuno ad aiutarvi. La difficoltà è sempre alta rispetto al vostro titolo medio, ma la varietà di opzioni lo rende senza dubbio il gioco From Software più accessibile di sempre.
Questa varietà è presente ovviamente anche nel gameplay, precisamente negli stili di gioco che Elden Ring può accomodare. Le scelte iniziali sono unicamente una guida per le prime ore di gioco, dopo le quali avrete la possibilità di creare la build che più vi aggrada. Che amiate armi gigantesche in grado di stordire qualunque nemico o preferiate colpire alla distanza con magie, la possibilità esiste, così come tutte le possibili gradazioni tra l’una e l’altra. Sperimentare gli attacchi di tutte le armi diverse e le combinazioni di build può essere considerato un lavoro a tempo pieno. C’è talmente tanta di quella carne al fuoco da dover fare attenzione a non fare indigestione!
Notevole l’estensione dello stealth, qui con un tasto apposito per inginocchiarsi e nascondersi dai nemici per evitarli o finirli silenziosamente con un critico alle spalle. Un’altra di quelle novità ereditate, seppure alla leggera, da Sekiro.
Un enorme mondo da esplorare non può che essere pieno di risorse e quale miglior uso di queste se non del puro crafting? Avete bisogno di frecce? Uccidete qualche animale selvatico e usatene le ossa per crearne. Mancanza improvvisa di cura per il veleno? L’erba adatta può fare al caso vostro. Questo non significa che sarete obbligati a cercare materiali, vista la presenza di diversi mercanti disseminati per l’Interregno, ma il crafting diventa una via più veloce (ed economica) per procurarsi oggetti essenziali senza dover farmare rune e cercare il mercante adatto. Potrete estendere la lista di oggetti per il crafting trovando ricette disseminate per il mondo o comprandole dai mercanti. Non sarà possibile utilizzare il crafting per armature o armi, né per crearle né per potenziarle. Per quello avrete sempre bisogno di un fabbro.
Tecnicamente Elden Ring ha gli alti e bassi di un titolo From Software. Fantastica art direction rovinata da performance che raramente riesce a stare incollata al suo framerate di scelta. Nella versione da noi provata per PS5, ci sono evidenti rallentamenti durante il gameplay, ma quell’imperfezione sembra ormai inevitabile per la casa di Miyazaki. Deludente, soprattutto in virtù del fatto che quest’ultima fatica della casa giapponese non spinge minimamente l’hardware fuori dalla sua comfort zone. Questo non significa però che l’esperienza sia meno entusiasmante di quanto dovrebbe e seppure non vincerà nessun award tecnico, l’Interregno offre diversi panorami mozzafiato e creature dal design ispirato. Sarebbe stato il contrario, visto il pedigree del team.
Elden Ring è semplicemente fantastico e tutto ciò che un fan della serie come il sottoscritto potesse desiderare. Riesce ad espandere quanto visto in Dark Souls in tutte le direzioni, uscendone fuori come una sorta di mix di nuovo e di un best off, in un modo difficile da spiegare senza poter avventurarsi nell’Interregno in prima persona. E’ perfetto per gli amanti del genere e forse un’ottima introduzione per coloro che non hanno ancora provato il senso di progresso che un titolo di Miyazaki può offrire. Riesce nella miracolosa impresa di evitare tutti gli stereotipi degli open world, creando un mondo enorme con pericoli e possibilità dietro ogni angolo, senza diluire in nessun modo la formula vincente della serie dalle cui ceneri nasce, offrendo miracolosamente quantità e qualità.
Probabilmente non sapremo mai cosa passa nella testa di Miyazaki, ma quando il proprio output è così consistente a livello di qualità, dubitare è praticamente inutile. Dei geni bisogna fidarsi.
Recensione a cura di Sacha “Omeganex999” Morgese
Il Buono
- Breath of the Wild incontra Dark Souls
- Mondo enorme che ripaga esplorare
- Lo stesso solido gameplay, espanso in tutte le direzioni
- Direzione artistica inarrivabile
Il Cattivo
- Performance non all’altezza del resto