Come una macchina del tempo
Nell’ambito dello sviluppo di videogiochi, ciò che è accaduto con Kingdom Come Deliverance ricorda tantissimo il mito greco di Icaro, che con le sue ali di cera volò eccessivamente in alto avvicinandosi troppo al sole, il quale gli sciolse le ali facendolo precipitare al suolo, uccidendolo. Allo stesso modo mentre si gioca Kingdom Come Deliverance si ha continuamente l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa di mastodontico, un progetto troppo ambizioso per un team così giovane; WarHorse è un team indipendente che, tramite un uso oculato del crowfunding, ha sviluppato quello che a tutti gli effetti, a livello produttivo, è un tripla A coi fiocchi, che possiamo accostare senza troppi problemi ai grandi progetti di Bethesda o CD Projekt, per restare in Europa centrale, da dove questi giovani ragazzi provengono: da Praga.
Kingdom Come Deliverance è un RPG open world in prima persona ambientato nella Boemia (attuale Rep. Ceca) degli inizi del 1400, alto medioevo, quindi in un momento storico particolarmente critico per quest’area geografica: difatti il regnante boemo Venceslao è stato rapito dal re D’Ungheria Sigismondo che vuole destituirlo, a questo clima politico già delicato si uniscono le drammatiche scorribande di banditi che seminano morte e distruzione nei villaggi. Ed è in questo scenario disperato che hanno inizio le avventure del giovane Henry, il figlio del fabbro del villaggio di Skalica, un “signor nessuno” appunto, che dal basso verrà poi immischiato in faccende, politiche e non, molto più grandi di lui. Come si sarà capito, nel gioco non esiste un editor, il protagonista, in modo similare ad un The Witcher, è fisso, anche se starà a noi delinearne il carattere e i modi di fare tramite le varie scelte che il gioco propone nel dipanarsi delle attività. Come si sarà capito dal plot, la grande particolarità di Kingdom Come Deliverance, ciò che lo rende un titolo unico, ciò che gli ha permesso un tale successo su Kickstarter è il fatto che si tratta di un RPG a tema medievale assolutamente e radicalmente realistico: niente magia e niente creature fantastiche in pratica, KCD punta tutto sul prendere il giocatore trasportandolo, come una macchina del tempo, nel medioevo, nel modo più simulativo e meno user friendly possibile, quindi “gioie e dolori” ci sono tutti, il medioevo, nel bene e nel male, lo si vive al 100%, a scapito di tutto se necessario.

In Kingdom Come Deliverance tutto, dal gameplay al lato artistico, punta al difficile obbiettivo di creare un’esperienza morbosamente simulativa di vita medievale, nei limiti del genere RPG.
I ragazzi di WarHorse hanno di certo avuto un gran coraggio nello sviluppo di Kingdom Come Deliverance, in primis per la mole del titolo in se, e in secondo luogo per la scelta di puntare tutto su una disperata ricerca del realismo a discapito del gameplay e dell’accessibilità stessa. Kingdom Come Deliverance non fa sconti a nessuno, si cade da un’altezza troppo alta? Si perde l’uso delle gambe con rallentamento della corsa e dimezzamento della vita. Si subisce un fendente da un nemico? Si inizia a sanguinare e se non ci si cura in fretta la morte è sicura. Non c’è nemmeno un vero viaggio rapido, in questo caso semplicemente si osserva un’icona muoversi per la mappa dove di tanto in tanto si sarà pure interrotti da banditi per strada, alla maniera degli incontri casuali nei JRPG per capirci. Poi sarà necessario dormire, mangiare, addirittura bere alcol causa ubriacatura e status vari, e alla fine della sbornia si finisce per perdere il controllo del proprio PG che andrà a ficcarsi chissà dove, ad esempio personalmente mi era capitato di ritrovarmi, dopo la sbornia, sul tetto di un monastero in cui non ero nemmeno mai stato. Il realismo assoluto che permea Kingdom Come Deliverance passa ovviamente anche attraverso il combat system, che si presenta in modo similare a For Honor, basato sul posizionamento dell’arma, il problema è che rispetto alla grande produzione Ubisoft, qui tutto si presenta in modo eccessivamente grezzo e legnoso, ricordando quasi il vecchio TES: Oblivion per quanto decisamente più profondo e avanzato rispetto a quest’ultimo, per ovvi motivi. Il combat system purtroppo ha vari problemi, in primis non è possibile gestire più di un nemico, chi scrive ha praticato scherma medievale, e posso garantire che anche questa “scelta” deriva dalla ricerca di realismo assoluto di cui si parlava prima; i problemi veri però ci sono nelle battaglie campali dove, oltre ad un crollo totale del frame-rate, si aggiunge caos, feedback dei colpi inferti inesistente, e colpi subiti che non si comprende da che direzione arrivino, e spesso si muore senza neanche sapere cosa ci ha colpito. Anche il combattimento a distanza, l’arceria, presenta scelte assolutamente opinabili: l’arco non ha un mirino, e quindi necessita molta pratica comprendere come fare colpi precisi, una scelta da parte degli sviluppatori che, come tante altre, ignorano completamente il concetto di “user friendly” per andare sul lato più sguaiatamente simulativo possibile. Questo tipo di scelte fanno di KCD un gioco non per tutti, con un andamento generale molto lento, anzi, il gioco non vuole piacere a tutti, non ci prova nemmeno, ma rappresenta, nel panorama attuale, un unicum assoluto.
Le quest presentano invece una gestione molto classica, anzi, talvolta sembrano guardare verso un passato in cui i videogiochi non davano molte istruzioni sul come risolvere un determinato problema, ci si ritrova quindi spesso bloccati nel non sapere come andare avanti, ma basta pensare fuori dagli schemi a cui il media ci ha abituato negli ultimi anni, per giungere a soluzioni tanto ovvie quanto inusuali in ambito videoludico, almeno per quanto riguarda il contesto moderno dove i giochi tendono a portare per mano il giocatore per tutta la durata dell’avventura. Anche in questo Kingdom Come Deliverance tende a ricordare molto il buon vecchio Oblivion di casa Bethesda. Le attività secondarie sono molto varie, e tutte a tema con l’epoca trattata, si va dall’alchimia alle gare di tiro con l’arco, fino alla caccia e al gioco dei dadi nelle taverne. Peccato solo per il borseggio e lo scassinamento che, per quanto recentemente patchati, ancora vigono in uno stato che porta il giocatore a non farne tanto uso, troppo macchinoso come sistema, e troppo punitivo.

Le battaglie campali sono i momenti più concitati di KCD, peccato per un reparto tecnico che non permette a questi momenti di rendere quanto avrebbero potuto
Artisticamente l’opera di WarHorse riesce perfettamente a coniugare fedeltà storica con bellezza grafica, il CryEngine da il meglio di se offrendo scorci meravigliosi della Boemia medievale, con villaggi, boschi e campi coltivati gradevolissimi all’occhio, sia alla luce del giorno che nella pericolosissima oscurità notturna. Ad onor del vero bisogna ammettere una certa ripetitività degli scenari, sempre un compromesso per valorizzare il realismo assoluto di cui tanto si è già parlato. Tra l’altro nella scelta dello scenario notiamo uno dei grandi limiti di Kingdom Come Deliverance: non ci sono grandi città, Praga è assente, così come Kuttenberg, abbiamo solo villaggi fortificati abbastanza contenuti, si potrebbe supporre che l’assenza di grandi agglomerati urbani sia dovuto alle scarse risorse tecniche del piccolo team di cui si sta parlando, in realtà già la ricostruzione della Boemia, in modo tanto maniacalmente fedele, risulta eccessiva per il team, che ha comunque, va detto, dimostrato un grande coraggio. Tornando però al lato artistico, il gioco ci tiene più volte a specificare nel suo curatissimo codex da dove hanno preso il vestiario dei personaggi, quanto si ci è impegnati per rendere tutto il più storicamente fedele possibile, in questo KCD raggiunge la sua massima aspirazione: essere un museo su schermo, un gioco che vuole, pretende prima di tutto di insegnare, di far vivere un’esperienza, e solo in ultimo luogo cerca, ma neanche tanto, di essere un “videogioco”. Kingdom Come Deliverance è qualcosa di più, vuole essere qualcosa di più, portare il concetto di “videogioco” ad un livello, non più alto, ma diverso dall’accezione classica.
Narrativamente Kingdom Come Deliverance è un gioiello. Non solo la trama è scritta divinamente, i dialoghi sono bellissimi così come i personaggi nel loro sfrenato realismo, ma la regia di molte cutscene è eccezionale, di un livello produttivo che mai farebbe pensare ad una produzione indipendente. La stessa sceneggiatura è impensabilmente stesa da un esordiente, è chiaro si tratti di persone che hanno già grande esperienza in questo campo. Kingdom Come Deliverance rappresenta, a livello narrativo, una delle migliori produzioni della generazione corrente, fermo restando la sua natura realistica e storicamente fedele. Da criticare negativamente però la pressochè totale assenza di npc bambini, una grave falla nella credibilità dell’intera opera, credibilità che rappresenta uno dei grandi obiettivi di Kingdom Come Deliverance.

La sceneggiatura, così come la regia delle cutscene, è di un livello sorprendetemente alto, non c’è personaggio secondario che manchi di una buonissima caratterizzazione.
In ultimo luogo, parlare del lato tecnico di KCD è molto difficile, perchè equivale a smontare tutte le belle parole di elogio espresse finora. Kingdom Come Deliverance è un disastro tecnico. Un disastro totale e assoluto, la recensione si basa sulla versione 1.3, il comunicato della versione 1.4 di prossima uscita riporta che verranno corretti più di 400 bug, già questo dovrebbe farci comprendere lo stato apocalittico in cui l’opera naviga attualmente. Tra problemi grafici meno gravi come texture che si caricano lentamente e uomini senza testa che girano per la città, ci si mettono bug che impediscono di completare quest, personaggi che muoiono ma restano in piedi, e tanto, tantissimo altro. WarHorse ha il dovere di risolvere questo disastro il prima possibile, perchè questo livello tecnico indecente è il solo e unico problema grave del titolo in questione che rende l’intera esperienza una frustrazione continua per il giocatore; non è la lentezza, non è il realismo che schiaccia il concetto di “user-friendly”, è il comparto tecnico. Su PS4, attualmente, il gioco è ingiocabile senza frustrarsi il fegato, perchè è impossibile vivere tranquillamente un’esperienza del genere col terrore che la quest che si sta portando avanti da tanto tempo possa buggarsi e/o bloccarsi in qualsiasi momento. E ci tengo a precisare che questo è il principale motivo per cui Kingdom Come Deliverance non avrà, da parte di chi recensisce, un voto particolarmente alto. Voto che comunque si impennerebbe in caso di risoluzione della maggior parte dei problemi, quantomeno quelli più gravi.
Il Buono
- Un viaggio nel tempo ai tempi del medioevo, nel modo più storicamente fedele possibile.
- La Boemia medievale è piena di scorci meravigliosi. Livello artistico generale molto alto.
- Trama, e sopratutto scrittura, di altissimo livello.
- Giocabilità d'altri tempi, approccio alle quest con pochi aiuti, spesso sta al giocatore comprendere come andare avanti.
Il Cattivo
- Combat system con del potenziale ma largamente migliorabile.
- Andamento talvolta eccessivamente lento.
- Sistema di scassinamento non eccezionale.
- Problemi tecnici frequentissimi di ogni tipo, da piccoli glitch a bug che impediscono di completare quest intere.